lunedì 20 aprile 2015

Sagre di primavera in Sicilia Turismo e spettacolo

A Primavera, ritornano le sagre da visitare in Sicilia. La primavera è finalmente cominciata, ed ecco che i piccoli e grandi comuni siciliani in collaborazione con i migliori agriturismo e Bed and Breakfast San Vito Lo Capo, comprese famose agenzie viaggi della provincia di Palermo, si organizzano per ospitare sagre e incontri legati al gusto e alle tradizioni culinarie del territorio, offrendo anche la possibilità ai turisti e visitatori di conoscere luoghi e monumenti del posto, in collaborazioni con i migliori fotografi Palermo. Ecco quali sono le sagre da visitare domenica 18 aprile in Sicilia: 
 
A Buscemi domenica si svolgerà la SAGRA DELLA RICOTTA E DEI SAPORI LOCALI nel Centro Storico. Durante la giornata sarà possibile visitare  il Museo Civico " Luoghi del Lavoro Contadino". In programma spettacoli  folkloristici e musicali.
A Scillato la SAGRA DELL' ARANCIA, a partire dalle 15.00 di scena  la 16° edizione la Sagra dell'Arancia di Scillato. I visitatori potranno conoscere le bellezze naturali del borgo medievale madonita, noto per gli antichi mulini disseminati nel suo territorio ed alimentati da varie sorgenti, e gustare le tipiche arance "ombelicate", così chiamate per la particolare formazione presente nella parte inferiore del frutto. La giornata sarà allietata da spettacoli folkloristici e da musica etnica-siciliana. 
Ad Aragona la SAGRA DEL TAGANO. Si tratta di un piatto tipico della tradizione pasquale aragonese; "U taganu”  è una pietanza a base di pasta, uova e tuma, il nome deriva dal tegame in cui viene cucinato.La degustazione organizzata con il contributo del Comune, della Pro Loco e della Provincia Regionale è gratuita.
A Caccamo la SAGRA DEL PANE DA CENA E DELLA SALSICCIA PASQUAROLA. Prima edizione per la Sagra del Pane da Cena e della Salsiccia Pasquarola. Degustazioni di prodotti tipici locali e visite dei numerosi monumenti. Caccamo è una città d'arte ricca di numerosi monumenti importanti, quali il maestoso Castello Medievale; il Duomo di originaria fondazione Normanna, che accoglie al suo interno una vastissima collezione di opere d'arte; la Chiesa dell'Annunziata con le sue imponenti torri; la Chiesa di San Benedetto alla Badia, piccolo scrigno contentente tra i tanti segni artistici, un pavimento in maiolica unico nel suo genere ed infine la chiesa di Santa Maria degli Angeli, contenente la spoglie mortali del Beato Giovanni Liccio, patrono della città.

martedì 27 gennaio 2015

Aziende di Sicilia crescono

In periodi di crisi sentire delle buone notizie fa sempre piacere, nuove aziende come Lagoa Viaggi agenzia specializzata in viaggi low cost ma con particolare attenzione per i dettagli e i servizi impeccabili, in modo da evitare brutte sorprese ai turisti, si distingue per l'estrema professionalità e serietà nel terrore viaggi e turismo.
Sempre in Sicilia troviamo il famoso Agriturismo Ponte Calatrasi, ricco di vegetazione viali alberati, fiori profumatissimi e naturalmente per la prelibata cucina tipica siciliana,
propone anche servizi location matrimoni e cerimonie accompagnandosi con i migliori fotografi Palermo, come ad esempio il famoso Studio Fotografia Polizzi.
Poi ci sono prestigiosi B&B come il famoso Parchi dei Parrini a Partinico, tutte aziende siciliane di successo.

mercoledì 29 gennaio 2014

Bankitalia pessimo decreto per una scelta buona


di Gianfranco Fabi26-01-2014 AA+A++
Banca di Italia
Alla fine delle scorso anno il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva convinto il Governo a ritirare un decreto, quello che era chiamato “salva Roma”, perché in esso erano confluite molte norme eterogenee, espressione di interessi particolari.

Il ricorso alla decretazione d’urgenza, cioè al varo di provvedimenti da parte del Governo aventi valore immediato di legge, è stata negli ultimi anni sempre più oggetto di polemiche politiche e costituzionali. L’art. 77 della Costituzione è estremamente chiaro: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”. E per rendere ancora più esplicito il fatto che la potestà legislativa spetta al Parlamento lo stesso articolo afferma: “I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”.

Sempre più spesso negli ultimi anni il ricorso al decreto, che dovrebbe avvenire solo per regolare situazione impreviste e imprevedibili,  ha in pratica sostituito la normale prassi legislativa. I disegni di legge si sa quando entrano in Parlamento, ma nessuno può dire quando sono destinati ad uscire. I decreti devono essere esaminati invece entra sessanta giorni e quindi hanno diritto ad una corsi preferenziale.

Ma in molti casi la necessità e l’urgenza  proprio non ci sono. L’esempio più clamoroso è costituto da uno degli ultimi decreti approvati dal Parlamento, quello chiamato Imu-Bankitalia in cui ancora una volta si sono messi insieme due argomenti profondamente diversi: l’abrogazione dell’Imu da una parte e la modifica dell’assetto proprietario della Banca d’Italia dall’altra. Quello dell’Imu era un provvedimento annunciato, previsto ed atteso almeno da sei mesi: l’urgenza di definirlo a fine dicembre è dipesa solo dall’incapacità del Governo e del Parlamento di varare in tempi utili un provvedimento chiaro ed organico.

Ma veniamo al riassetto di Banca d’Italia, impropriamente da molti definito come una privatizzazione, un riassetto necessario, ma che si sarebbe potuto e dovuto fare con una legge ordinaria, senza l’assillo dei tempi stretti e delle scadenze incombenti.

Diciamo innanzitutto che la Banca d’Italia è di grande importanza perché fino all’euro era l’istituto di emissione e ora partecipa alle decisioni di politica monetaria della Banca centrale europea e perché ha un compito di vigilanza diretta sul sistema bancario e quindi sulla stabilità finanziaria del Paese. E’ chiaro che questi compiti sono di finalità e di interesse pubblico, ma è altrettanto chiaro che questi interessi si perseguono nel migliore dei modi se l’istituto può operare in piena indipendenza dal sistema politico. Pur con formule diverse derivanti dalla storia e dalla tradizioni, le Banche centrali in tutto il mondo sono collegate al sistema politico solo al momento della nomina dei dirigenti ai quali poi è garantita la massima autonomia. E’ quanto avviene da noi dove il Governatore della Banca viene in pratica scelto dal Governo, il quale tuttavia non ha poi alcuna influenza sulle scelte gestionali dell’Istituto.

Che cosa cambia con l’ultimo decreto? In pratica non cambia nulla nei meccanismi che garantiscono l’autonomia dell’Istituto. Viene solo modificata la struttura dei soci che ne controllano il capitale, da un punto di vista peraltro solo formale. La Banca d’Italia infatti è un tipo di società molto particolare: ha dei soci, tradizionalmente le banche, che tuttavia per statuto hanno diritto solo a una piccola quota dei profitti e non hanno voce in capitolo per la nomina dei dirigenti. Fino a vent’anni fa il capitale di Bankitalia era diviso tra molti istituti di credito, con qualche quota in più per le banche più grandi. Come è noto negli ultimi vent’anni vi è stato un grande movimento di fusioni e acquisizioni che hanno portato alla creazione di due grandi gruppi come Intesa e Unicredit. Le banche che hanno partecipato a queste fusioni hanno portato in dote anche le quote in Bankitalia tanto che ora Intesa possiede circa il 30% del capitale e Unicredit il 22%, un capitale che peraltro era rimasto fermo nel tempo divenendo poco più che simbolico.

Il decreto del Governo da una parte rivaluta il capitale della Banca, dall’altra stabilisce che nessun azionista possa avere più del 5% dello stesso capitale. La Banca diviene una “public company”, una società che non può avere soci di maggioranza o di riferimento. Ma non viene toccata in alcun modo la “governance” dell’Istituto, non vengono quindi modificate le regole attuali che garantiscono il difficile equilibro tra gestione autonoma (ma non privata) ed interesse pubblico (non di una parte politica).

Ecco perché è fuori luogo parlare di privatizzazione. Certo la rivalutazione del capitale favorisce le banche, ma le aiuta anche ad essere più solide in questo momento in cui l’azione del sistema bancario appare fondamentale per sostenere la ripresa. E poi lo Stato comunque incassa una piccola, ma significativa quota a titolo di imposta su di una rivalutazione che peraltro è anche un mezzo per attirare nuovi investitori.
Un decreto quindi necessario, anche se non certo urgente. Con il fatto di essere di natura privata, ma di perseguire un interesse pubblico in piena autonomia, la Banca d’Italia è stata nel tempo un esempio di correttezza ed autorevolezza. E il nuovo assetto non fa che rafforzare questi requisiti estremamente positivi. (da Nuova Bussola Quotidiana)

Ci sono problemi per l'F35: i costi vanno su, posti di lavoro giù

di Gianandrea Gaiani28-01-2014 
F-35
Nuovi problemi con conseguenti ritardi e incrementi di costo per il programma F-35, il cacciabombardiere statunitense  di quinta generazione e invisibile ai radar destinato ad equipaggiare anche le forze aeree di una dozzina di Paesi alleati inclusa l’Italia. Un rapporto del Pentagono consegnato al Congresso in via riservata ma finito nelle mani dell’agenzia Reuters ha evidenziato l’inaffidabilità del complesso software che gestisce i computer del velivolo, il cui costo attuale è di 150 milioni di dollari a esemplare, destinato a calare con l’avvio della produzione su vasta scala. L’attuale software imbarcato, noto come Block 2°, consente ai cento F-35 già prodotti di effettuare solo manovre limitate e non certo compatibili con l’impiego operativo presso reparti militari o addirittura bellico. La versione più avanzata Block 2B è in ritardo di almeno 13 mesi sui tempi di messa a punto, sottolinea il report, che evidenzia anche altre carenze tecniche soprattutto nello sviluppo del sistema logistico.

Si tratta di problemi non nuovi tenuto conto che il Pentagono aveva istituito un mese or sono una commissione di studio che dovrà riferire tra due mesi al Congresso per approfondire le ragioni del difficoltoso sviluppo del software dell'F-35. Le difficoltà rilevate determineranno ritardi a cascata nel calendario che prevedeva l’ingresso in servizio, pur con capacità limitate, dei primi reparti di F-35 già alla fine del 2016. Lo slittamento dei tempi si ripercuoterà inevitabilmente anche sui velivoli destinati ai Paesi alleati e sul loro costo finale poiché i velivoli prodotti secondo la cadenza già prevista dovranno attendere più tempo per subire i frequenti aggiornamenti necessari a garantire reali capacità di combattimento.

Lockheed Martin, il colosso statunitense della Difesa che produce l’F-35, preferisce vedere il “bicchiere mezzo pireno” e sottolinea come il rapporto del Pentagono evidenzi anche i progressi compiuti nello sviluppo del velivolo. L’azienda si dichiara ottimista circa la possibilità di risolvere in tempi brevi i problemi mettendo a disposizione entro giugno 2015  “il necessario software combat ready” che renderà i “Marines in grado di identificare, tracciare e ingaggiare il nemico”.

Un’altra “tegola” caduta recentemente sul programma Joint Strike Fighter riguarda le ricadute occupazionali determinate dall’adozione e dalla produzione del velivolo negli Stati Uniti e nei Paesi aderenti al programma. Un report realizzato dal Center for International Policy valuta che i dati sui posti di lavoro garantiti dall’F-35 sono stati sovrastimati e forse addirittura raddoppiati rispetto alla realtà. I 125mila posti previsti negli Stati Uniti da Lockheed Martin si ridurrebbero in realtà a 50-60 mila. Una situazione del resto già emersa anche in Italia dove a fronte dei 10 mila posti di lavoro sbandierati fino al 2012 dalla Difesa si è scesi l’anno scorso a una più prudente stima di 6 mila che appare però ancora doppia rispetto alla realtà che sta concretizzandosi a Cameri (dove verranno assemblati i 90 velivoli italiani e prodotte centinaia di ali) e nelle aziende coinvolte.

Anche a questo rapporto Lockheed Martin ha risposto affermando che la stima di 125 mila maestranze include i lavoratori coinvolti indirettamente nel programma ma sembra evidente che la leva dei posti di lavoro sia stata utilizzata in molti Paesi e anche a livello politico dai singoli governi interessati ad acquisire il velivolo statunitense ma che avevano e hanno anche oggi la necessità di renderlo digeribile a un’opinione pubblica sempre più “allergica”, anche a causa della crisi, alle spese militari.    (da la Nuova Bussola Quotidiana)

venerdì 24 gennaio 2014

Accordo Renzi Berlusconi legge elettorale

Abbiamo imparato a masticare la gomma
 
Non c’è niente di più stupido in politica che sprecare i varchi che si aprono. Ma nella scala della stupidità viene subito dopolo scambiare l’inizio di un possibile percorso per la sua fine: proprio perché la scelta renzian-berlusconiana è felice (ma lo furono anche il tentativo Maccanico nel 1996, la
Bicamerale dalemiana nel 1998, l’apertura fassiniana nel 2001, l’apertura veltroniana
nel 2008, l’atteggiamento non antiberlusconiano di Mario Montinel 2011, il governo di unità nazionale nella primavera 2013) bisogna mantenere l’iniziativa avendo una linea sulla contingenza (come gestire lo sbandamento irrefrenabile del governo Lettino, nuove eventuali aggressioni della magistratura combattente, inasprimenti degli eccessi di influenza straniera) e una di prospettiva (presidenzialismo, federalismo, nuovo assetto dell’Europa, riforma della giustizia, tetto alla pressione fiscale: tutte questioni decisive che rimangono di fronte a noi).
 
Quel genio politico che è stato Lyndon Johnson amava diredel repubblicano Gerald Ford, successore nel caos post-Watergate alla Casa Bianca di un altro genio politico come Richard Nixon, che non riusciva a masticare chewing-gum e camminare insieme. In ricordo di questa intramontabile battuta si può dire che ieri Silvio e Matteo hanno dimostrato di saperci fare con lagomma americana, adesso provino che sanno anche come tentare due passi in avanti.

Scuole paritarie affossate

Le Scuole paritarie libere di chiedere. È il paradossale approdo cui rischiano di andare incontro le 13.500 scuole paritarie italiane alla fine di quest’anno scolastico, se il governo non dovesse riuscire a sbrogliare gli intricati nodi che prendono inomi di Imu e Tares, calcoltate come normali aziende. Perché, senza un rapido intervento, i due balzelli che lambiscono solo di striscio le scuole statali, potrebbero piombare come una durissima mazzata sui bilanci di quelle paritarie.

Mentre la prima gamba del sistemapubblico integrato dell’istruzione nazionale, la scuola statale – per cui lo Stato spende 57,6 miliardi di euro l’anno –, è esentata per intero dal versamento della tas-
sa sugli immobili e deve corrispondere al fisco italiano solamente una quota minima standard a studente per il pagamento della Tares, grazie anche alla parziale copertura da parte dello Stato in ragio
ne dell’importante servizio da essa svolto,così, purtroppo, non accade per la scuola paritaria. Che pure svolge la medesima funzione, collaborando all’educazionedegli 8.938.005 studenti italiani, e costitu-
isce di diritto il secondo pilastro del sistema. Garantendo peraltro, secondo l’Ocse,
un risparmio per le casse dell’erario pari a6,3 miliardi di euro l’anno, a fronte di unesiguo contributo statale che nemmeno raggiunge i 500 milioni. Le scuole paritarie ospitano 1.072.560 studenti, pari al 12 percento del totale, praticamente un ragazzo su otto. Studenti che singolarmente costa-
no allo Stato quasi 6 mila euro in meno diquelli delle statali, ma per la cui istruzione
i genitori pagano due volte, una con le rette e un’altra con le tasse. Ora, come se ciò non bastasse, le paritarie rischiano di essere penalizzate dal combinato disposto delle due stangate fiscali: Imu e Tares, o Tasie Tari, come si chiameranno, a partire dal 2014, l’imposta sugli immobili e quella sulla riscossione dei rifiuti.
Gli istituti privati parificati, in Italia, dovrebbero godere di pari trattamento rispetto a quelli statali, come prevedono. (dalla rivista Tempi)

mercoledì 22 gennaio 2014

Italicum. Cos’è, come funziona, a chi conviene e chi vuole affossare la legge elettorale Leggi di Più: Italicum. Cos'è, come funziona, a chi conviene?

È una legge elettorale che decide quanto sia importante il nostro voto. Con le nuove regole per l’assegnazione dei seggi parlamentari, nate dall’accordo fra il segretario del Pd, Matteo Renzi, e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi (che prevede, fra l’altro, la riforma del bicameralismo perfetto e del Senato), la composizione del Parlamento potrebbe cambiare radicalmente.

ITALICUM, PROPOSTA DI LEGGE ELETTORALE. La nuova legge elettorale sulla quale si sono accordati Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, dovrebbe essere tradotta in pochi giorni in testo di legge e entro fine gennaio sarà portata in Aula, per essere discussa e votata. Si tratta di una legge proporzionale, nella quale il numero di seggi conquistati viene attribuito in proporzione al numero di voti ottenuti dai partiti.
PREMIO DI MAGGIORANZA. La legge prevede un premio di maggioranza, ovvero seggi parlamentari extra, al partito o alla coalizione che ottengono più voti in tutta Italia. Il premio viene attribuito al primo partito, o coalizione, se supera il 35 per cento dei voti. Nel caso non accada, è previsto un secondo turno elettorale, nel quale il premio di maggioranza viene conteso dalle due forze maggiori. Contro il premio di maggioranza si esprime ovviamente il Movimento 5 Stelle, che avrebbe preferito come legge elettorale il porcellum “corretto”. Il non-partito non raggiunge il 35 per cento degli elettori e per statuto non può allearsi. Dunque difficilmente potrebbe anche arrivare al secondo turno.
Silvio BerlusconiMINI-LISTE BLOCCATE. Le regole elettorali, ispirate dal sondaggista Roberto D’Alimonte, prevedono le mini-liste bloccate. L’elettore non vota un politico, inserendo il suo nome, come avviene con le preferenze, ma soltanto il simbolo del partito. In questo caso ad obiettare è l’Ncd di Angelino Alfano, i cui componenti, storicamente, raccolgono un grande numero di preferenze sul territorio. Dall’altra parte, Ncd è favorevole al doppio turno di coalizione che gli permette di essere determinante in un’alleanza con Forza Italia.
SOGLIE DI SBARRAMENTO. I partiti che parteciperanno alle elezioni, per poter entrare in Parlamento, dovranno ottenere più del 5 per cento. L’8 per cento se non si alleano. Le coalizioni di partiti dovranno superare una soglia di sbarramento del 12 per cento. Lo sbarramento alto fa infuriare i piccoli partiti ma anche quelli in difficoltà, come la Lega Nord, che attualmente veleggia sotto il 5 per cento e che potrebbe dover rinunciare a Roma. Anche Ncd non è contenta delle soglie alte. Il partito rischierebbe di non farcela correndo alle elezioni da solo. Dunque sarebbe costretto ad allearsi con Berlusconi.
LA FRONDA DEL PD. Altri avversari della legge elettorale fanno parte della minoranza del Partito democratico, l’ala sinistra, gli ex bersaniani. Il motivo sembra per lo più opportunistico, visto che a scatenare le intemperanze sembra essere stata l’assenza delle preferenze nella legge elettorale, alle quali però il Pd, e gli ex bersaniani soprattutto, si sono sempre opposti. D’altra parte, Renzi ha rinunciato alla storica sintonia del Pd con una legge elettorale basata sui collegi uninominali (dove il voto viene dato direttamente all’unico candidato del partito e non al partito, attraverso preferenze o liste). Renzi lo ha fatto per venire incontro al centrodestra, che si è invece si è sempre opposto al sistema uninominale.
Angelino Alfano presenta il simbolo del Nuovo CentrodestraLA RIFORMA DEL SENATO. Renzi ha ottenuto senz’altro grandi vantaggi dall’accordo con Berlusconi. Ha potuto presentare una legge elettorale in breve tempo e ha ottenuto il via libera sulla riforma costituzionale del Senato, che eliminerà il problema del bicameralismo perfetto e dunque della doppia fiducia al governo. In altre parole, la riforma garantirà la governabilità e le elezioni daranno una maggioranza politica chiara, che permetterà a Renzi, nel caso vinca le elezioni, contro un avversario che non sarà sicuramente Berlusconi, di governare con una stabilità che nessuno dei governi repubblicani ha mai avuto.

LA VITTORIA DI BERLUSCONI.
Anche Berlusconi esce bene dall’accordo con Renzi. Anzitutto perché non ha dovuto rinunciare a nulla. Si vede riconosciuta l’importanza della riforma Calderoli, sostenuta dal suo governo e affossata dalla sinistra nel referendum del 2006, che prevedeva per il Senato le stesse modifiche proposte oggi da Renzi. Per quanto riguarda la legge elettorale, Berlusconi ha incassato una soglia bassa per la conquista del premio di maggioranza al primo turno. Con un tetto al 35 per cento può sperare che il centrodestra vinca senza andare al ballottaggio, una noiosa ripresentazione alle urne che storicamente gli elettori del centrodestra non paiono gradire, e che dunque avvantaggia la sinistra. Le aziende attendono.
NUOVO CENTRODESTRA. Il fronte dei governativi di Ncd non si frega le mani ma nemmeno accoglie l’accordo con delusione (leggi l’intervista al ministro Gaetano Quagliariello). Sia perché si sancisce definitivamente la salvezza del governo, e si evitano le urne a maggio, sia perché si varerà la riforma del Senato, tanto auspicata in primis dal ministro Quagliariello. Inoltre gli esponenti del nuovo partito di centro destra avranno il tempo di organizzarsi e preparare il partito in vista delle future elezioni, e anche giocarsi una possibile alleanza con Forza Italia. (da tempi.it) pcnewsystems